"Ciao Eve ... giovedì parto, sei libera per un pomeriggio di supplenza?"
Così inizia. Mentre stai ancora cercando di capire quale senso di colpa vincerebbe tra il pensiero di perdere un pomeriggio intero e quello di dire di no alla tua maestra, già sei seduta sulla sedia alla destra del pianoforte, ti munisci di lapis coloratissimo, gomma da cancellare, agenda, pazienza, adrenalina e coraggio.
Non è la prima volta, ma è come se lo fosse. Li conosci già, ma sei sempre nel dubbio: saprò dare ad ognuno le giuste indicazioni?
Nemmeno hai il tempo di tirar fuori gli occhiali dalla custodia che intanto Francesco - iperattivo come sempre- è già arrivato, si è seduto, ha visto che la sua maestra questo pomeriggio sarà una ventenne, "l'allieva grande", quella che ai saggi suona sempre un sacco e fa anche le stecche, agitato un po' le gambe e sistemato meglio il panchetto. Non perde nemmeno per un secondo la voglia di suonare, di farmi sentire tutti i suoi pezzettini, incurante di ogni terzina o quartina che gli passi tra le dita, ma in fondo è un pezzo un po' ragtime.
Passa una mezz'oretta, è il momento di provare il quattro mani: mi siedo al fianco di un Francesco imperturbato dal caldo della stanza, dalla mattinata di scuola e da una mezz'ora di musica - ci sarà qualcosa che lo stanchi un pochino? Contiamo un po' il tempo e ... via, si suona insieme, e la cosa più bella è che Francesco è prontissimo, suoniamo come un affermato duo concertante, ridiamo quando nessuno dei due si ricorda del ritornello ed ogni tanto ci ricontiamo il tempo, giusto per non perderci proprio del tutto.
(Ma come fa? Io, a dodici anni, se mi avessero messo una maestra nuova così, senza preavviso, col cavolo che avrei fatto lezione. Col cavolo che ci avrei suonato insieme. Col cavolo che mi sarei divertita. Anch'io voglio essere pronta a divertirmi così!)
Eppure Francesco ed io ci divertiamo davvero, io quasi non credo di come la mia lettura a prima vista sia migliorata nel corso di soli tre pomeriggi di supplenza, lui contento e beato perché ci scappa qualche battuta in più del solito e gli chiedo di raccontarmi del giornalino di classe.
Ed ecco che arriva Claudia, è il suo turno, Francesco se ne va con le ali ai piedi, nel pieno delle sue energie come reduce da una crociera ai Caraibi ed in un soffio scompare.
Ora viene il bello, perché Claudia suona, ed io mi concentro per seguire le sue dita senza perdermi un ottavo. Le faccio i complimenti, e quando mi fa sentire Mozart quasi mi emoziono: è così, anche Claudia è caduta nella trappola degli ottavi, fa lo stesso errore che facevo quando anch'io suonavo quel pezzo. Allora sorrido, le spiego cos'è che non va, e glielo dico nel modo più diretto e veloce, come mi viene, ricordandomi di quando a fare l'errore ero io e di come mi sembrava difficile capirlo, ed è incredibile: lei lo capisce subito.
Mi scopro un'insegnante in erba, ma è facile comunicare quando sei già stata dall'altra parte, e quando, a tua volta, hai avuto una Maestra. Che sarà molto soddisfatta della mia prossima prova di prima vista.
Claudia, l'erore, non l'ha più fatto.
2 settimane fa